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venerdì 10 luglio 2009

Monet e le sue ninfee

Se amate i fiori e ancor di più i giardini fioriti, se vi piace la pittura impressionista o comunque la pittura in genere, se avete un paio d’ore (ma anche meno) e non sapete cosa fare ma volete impiegarle al meglio, magari al riparo dalla calura cittadina …
beh, allora non perdetevi la mostra allestita presso il Palazzo Reale di Milano, dedicata a Claude Monet e alle sue ninfee, che resterà aperta fino al prossimo 27 settembre, chiusa al pubblico solo il lunedì mattina.
Le ninfee risultano uno dei temi principali di Monet, soprattutto degli ultimi decenni: quasi un’ossessione, con il loro fluttuare sull’acqua, i loro colori brillanti, i loro sprazzi di luce, da catturare e riportare al meglio sulla tela. Monet aveva iniziato a metterle a dimora così, nello stagno del giardino della sua casa di Giverny (piccolo villaggio dell’Alta Normandia) dove si era trasferito nel 1890 e dove resterà fino alla morte, avvenuta nel 1926. Tutt’attorno una miriade di fiori, cespugli, alberi, aiuole, fino a realizzare un giardino incredibile per la ricchezza e la varietà di vegetazione, un vero e proprio atelier all’aria aperta, un santuario fiorito che Monet considera la sua opera d’arte più riuscita. Un giardino che è ora uno dei più visitati al mondo e che proprio l’estate scorsa ho avuto la fortuna di ammirare, durante un viaggio in Francia, in una giornata di sole che rendeva ancor più magici e splendenti i suoi colori.
Ma il cuore di questo giardino diventa a poco a poco lo stagno con i diversi tipi di ninfee, ingentilito da un ponticello in stile giapponese, circondato da un’abbondanza di salici, felci, azalee: Monet non si stanca mai di ritrarlo, nonostante una malattia agli occhi lo renda negli ultimi anni quasi cieco, di farne il frutto supremo delle sue ricerche sulla luce e sul colore. Le sue pennellate diventano più morbide, i colori più mescolati, i contorni delle forme quasi cancellati … il Monet di questo periodo (de “il tempo delle ninfee”) sembra persino andare oltre l’impressionismo, sfiorare i confini dell’astrazione.
Ed ecco, di quell’ultima stagione della sua vita, le venti tele esposte a Milano per gentile concessione del Museo Marmottan di Parigi. Ma ci sono anche le foto di Giverny e anche una sua tavolozza, più tutta una serie di foto (dipinte a mano) e di stampe giapponesi dell’Ottocento perché Monet amava l’arte giapponese per la sua capacità di interpretare il paesaggio e la natura attraverso vedute semplici e ne era un collezionista.
Un’ultima cosa che mi ha colpito di questa mostra: una raccomandazione finale lasciata da Monet che pregava di non cogliere fiori per il suo funerale per non rovinare neanche minimamente la straordinaria bellezza del suo giardino.
mimma

5 commenti:

Ambra ha detto...

Ma che meraviglia! Com'è piacevole e delicato questo tuo modo di invitarci al tuo stesso percorso e quella tua voglia di trasmetterci le emozioni che ti hanno dato le cose belle che hai visto e che ti hanno incantato. Andrò sicuramente a vedere Monet che è un pittore che adoro. Grazie Mimma.

la cri ha detto...

io ci son stata e ne son rimasta estasiata dalla delicatezza dei suoi dipinti.
Un incontro cromatico e naturalistico senza paragoni. Lo consiglio vivamente a tutti.
ps una cosina che non guasta per chi ha l'abbonamento atm annuale vi è un bello sconto

Ida ha detto...

Ciao Mimma! tu sei sicura vero di aver lavorato in banca e non ....in un'agenzia turistica? Te lo chiedo perché le tue descrizioni di luoghi ed eventi sono davvero accattivanti (Piacenza, Monet, ecc...). Il mio preferito fra gli Impressionisti è Van Gogh ma non mancherò di andare ad ammirare le ninfee di Monet.
Buona estate di nuovo! Ida

mimma ha detto...

Cara Ida, ebbene sì, le vicende della vita mi hanno portato a lavorare per ben 27 anni in una banca, anche se non in un settore strettamente bancario (alle "Risorse Umane"). Ma devo dire che da sempre, tra le mie svariate passioni, ci sono la storia dell'arte (in particolare la pittura) e i viaggi.
Chissà se magari in una prossima vita riuscirò a "collocarmi" in un settore più attinente a questi miei interessi!

guglieelmo spotorno ha detto...

Gentile Mimma, ho letto con grande attenzione il suo testo su Monet e le ninfee. Ne prenderò spunto per collegarla con Evelindecora, che ha fatto falsi d'autore di tutti gli impressionisti ed ama soprattutto Monet. Ora si è dedicata con grande successo ai cookies in ghiaccia reale. Abbiamo fatto un 'incontro' per la realizzazione di un mio quadro su un suo biscotto. Non cerco certo pubblicità, non ha lo stesso profilo della sua critica. Le opere di Evelindecora hanno soprattutto una straordinaria difficoltà tecnica che la porta ad essere una tra le prime al mondo.

Ritornando a Monet ho avuto la fortuna di visitare i giardini e la casa di Giverny due volte e di scattare molte foto. Non sono d'accordo che dalle ninfee di Monet sia nata in qualche modo l'astrazione. Soprattutto nella pittura moderna e contemporanea è impossibile non trovare dei collegamenti. Ma questo non ha nessun rilievo. E' sufficiente pensare a Picasso che ha rubato da tutte le parti, con la capacità di trasformare. Tutto è già stato disegnato e dipinto.
C'è una cosa che forse lei ha dimenticato di proposito, ed è la casa. Con quella grande cucina tutta gialla, dove prendono evidenza tante suppellettili e particolari di un blu tra l'oltremare ed il ceruleo.
E' vero che il giardino è un atelier all'aperto, ma è anche vero che l'interno della casa è molto particolare e si sposa a un'idea giapponese che si collega perfettamente al laghetto con il ponticello. Come accade spesso anche nei giardini degli alberghi giapponesi. Questa atmosfera ha anche un altro aspetto che io ricordo, e sono le stampe giapponesi molto rare che Monet ha messo lungo le scale della sua casa. A me sembra chiaro che tra casa e giardino, abbia voluto fare un proprio autoritratto. Se mai venisse a trovarmi un giorno, mi piacerebbe farle vedere come nella mia villa in Liguria anch'io abbia fatto un autoritratto molto più ruspante.
A risentirci, se ne ha voglia e tempo.
Guglielmo Spotorno