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Benvenuti nel blog collettivo creato da Ambra

sabato 3 aprile 2010

Il deserto dell’educazione

"Dopo tutto, non vi sono figli illegittimi,
ma solo genitori illegittimi"
(Anthony Burgess)

Oggi, e non posso fare paragoni con il passato, oggi capita spesso, troppo spesso, di sentire
genitori lagnarsi del comportamento dei propri figli.
C’è addirittura un programma intitolato “S.O.S. Tata” nel quale genitori senza più speranze chiamano in aiuto una Tata professionista che rimane una settimana in famiglia come osservatrice per capire quello che non va.
Sorprendentemente per i genitori, che credono di avere figli “un po’ troppo agitati” o all’opposto “apatici ed indolenti”, le relazioni conclusive di queste pedagoghe sono di forte critica nell’educazione da parte di genitori impreparati ed ignoranti delle basilari logiche di effetto-reazione del comportamento umano.
Ora, al di là del divertente ed educativo programma emerge, dalla realtà quotidiana, una situazione sconcertante di mala-educazione.
Ai genitori di oggi sembrano sfuggire le più elementari capacità di trasmettere regole di convivenza civile, di rispetto, di anche vago o sbiadito rigore di un qualsivoglia genere.
Questo non significa che anche loro, come persone, ne siano sprovviste, semplicemente non sono in grado di assumere quel ruolo che consente la trasmissione autorevole di regole interiorizzate e questo è gravissimo perché se non si è in grado di trasmettere agli altri qualcosa è come se la cosa stessa non esistesse.
Il problema è duplice, i genitori vedono le regole, che essi seguono, come troppo pesanti o non adatte ai loro bambini, secondariamente non sono in grado di verbalizzarle e di darle la forza legittimante che le potrebbe far recepire ed interiorizzare dai propri figli.
Una cosa che possiamo notare tutti è che oggi, e da qualche decennio purtroppo questa tendenza si è radicata, i genitori impreparati, inadeguati, con senso di colpa (magari perché lavorano ecc), ebbene i genitori oggi mettono al centro del loro nucleo familiare i figli con regali, attenzioni, preoccupazioni eccessive, prudenze esagerate, impegni pressanti e tutta una serie di comportamenti che fanno percepire ai figli una “centralità formale”, una sorta di timore dei propri genitori nello non scontentarli o nel mancare di qualche cosa, una gravitazione della famiglia attorno al loro nucleo.
Utilizzo apposta il termine “centralità formale” perché, per rispetto della parola “centralità”, essa presupporrebbe che di un elemento messo al centro si curasse in particolar modo lo sviluppo, la crescita ed il benessere, mentre questi figli sono figli vuoti, infelici, disadattati e socialmente poco inclini al senso civico.
Un figlio che si rendesse conto, e non potrebbe farne a meno, che i genitori fossero incentrati su di lui diverrebbe, e diviene, un piccolo despota capriccioso.
Più avanti con l’età un disadattato con comportamenti antisociali o di danno per la comunità.
Con i regali (sempre più grossi e costosi) gli si blocca la capacità di osservazione e di analisi del circostante, gli si toglie il tempo di approfondire i funzionamenti, le manipolazioni, la realtà materiale.
Con le attenzioni (oltre il necessario) si fa capire ai figli di essere incapaci di affrontare i problemi, li si rende deboli-e-aggressivi nei confronti del mondo esterno rappresentato come minaccioso o ostile.
Con gli impegni pressanti (tipo iscrizioni di vario genere o ansie da prestazione scolastica o sportiva) si impedisce ai figli di scoprire una disciplina che possa nascere da un loro interesse autentico e che possa essere vissuta con i ritmi specifici del bambino, altalenanti e scostanti per natura di quell’età.
In buona sostanza non si sta dicendo che andrebbero abbandonati a loro stessi perché la vita e le difficoltà sono la migliore palestra, anche l’abbandono ha creato vari esempi di devianze ed ha comunque generato traumi.
Quello che manca oggi è la forza del binomio “affetto-rigore”. L’affetto che i nostri figli oggi sentono è appunto un affetto formale, negativo, nato dalla preoccupazione o dall’ansia, non è un affetto propositivo che riscalda e da’ forza, è un affetto debole, malato, fatto di compensazioni e di inadeguatezze.
Per contro le regole che dovrebbero disegnare il confine tra il lecito e l’illecito sono vaghe, variabili, a discrezione. Un figlio che non avesse chiare le regole di distinzione tra comportamenti desiderabili e comportamenti dannosi sarà una persona che interpreta la realtà a suo piacimento adattandola a sé stesso, non riconoscendo quindi una legittimità altrui ed il rispetto per la vita in società.
Mi viene sempre in mente un episodio di quando ero bambino, salendo sul mezzo pubblico con mia madre imparai a non sedermi più perché avevo capito che era più semplice stare in piedi piuttosto che dovermi alzare per ogni persona anziana che avessi visto.
Avevo interiorizzato questa norma non perché mi fosse stata spiegata, ma semplicemente perché mia madre mi chiedeva di alzarmi di fronte a tutti vista l’evidenza della situazione, rendendola così evidente anche per me.
Oggi succede di vedere queste madri che per il benessere (formale) del proprio figlio cancellerebbero l’esistenza stessa del prossimo. Il posto a sedere è ovviamente per loro….
….che società potremo mai trovare, ma già la vediamo, quale futuro potrà avere la nostra civiltà senza norme, senza rispetto, senza curiosità ed un pizzico di rigore?
Nel futuro vedremo sempre più persone deboli-e-aggressive, poco strutturate, timorose, disorientate, violente.
Quello che vedo non mi piace, temo mi piacerà sempre meno, e so esattamente chi ringraziare.
Fabio Frigerio
Marzo 2010
image cc by Upsilon Andromedae

10 commenti:

Ambra ha detto...

Ciao Fabio.
Pur condividendo interamente l’analisi che hai fatto, sono d’obbligo alcune riflessioni.
Circa una cinquantina di anni fa non esistevano né internet né il programma SOS Tata, ma erano di gran moda il dr.Benjamin Spock - pediatra americano - e i suoi metodi. Milioni di persone hanno creduto alle sue parole: bandire le punizioni, le proibizioni, le regole e il rapporto gerarchico tra genitori e figli. Bisognava diventare amici dei figli, se si voleva crescerli consapevoli e felici. Così non è stato. Esattamente come per gli educatori di inizio secolo scorso che applicavano severità e punizioni corporali.
Poco prima o poco dopo, non ricordo più chi, ci ha esortati a lasciar piangere tranquillamente il bambino anche per ore, una volta accudite le sue necessità corporali. Poi ci è stato detto che il pianto di un bambino è la spia di un malessere che non bisogna assolutamente ignorare.
Voglio dire che in ogni società ci sono stati metodi di ogni genere spesso antitetici nell’educazione dei figli proprio perché non c’è una regola precisa (anche se sono d’accordo con te, ripeto) e che educarli non solo non è facile, ma bisogna anche fare i conti con il proprio nervosismo, la fatica di una giornata di lavoro, le proprie insicurezze e bisogna ricordarsi anche che - per quanto il proprio comportamento e i buoni insegnamenti possano dare dei buoni risultati, ci si scontra poi con le caratteristiche innate della personalità di un figlio.
Perché se fosse così facile e tutto dipendesse dai genitori, allora gli stessi figli degli stessi genitori dovrebbero comportarsi poi da adulti nello stesso modo.
Devo anche dire, Fabio, che il tuo post ha risvegliato in me forti emozioni riportandomi agli anni in cui crescevo da sola due bimbi piccoli, spesso piena di incertezze, di insicurezze su quello che fosse il meglio, con grandi sensi di colpa perché, pur amandoli appassionatamente, mettevo al centro della mia vita il mio essere donna e la mia professione.
Oggi, che sono ormai nonna, ed ho un buon rapporto con entrambi i miei figli, penso spesso di aver avuto la fortuna dalla mia parte, perché li ho cresciuti come potevo, come ero capace e come l’istinto o l’esempio di mia madre mi suggerivano, più con il mio comportamento che con le parole, a tratti sicuramente anche sbagliando, sovente con la sensazione di muovermi confusamente e che avrei dovuto essere più preparata.
Ma mi è andata bene e sono stata ripagata di tutte le ansie da una frase che ho sentito dire un giorno da mia figlia, ormai madre anche lei. Mi raccontava di un problema che aveva e che cercavo di capire e di condividere e in risposta alle mie parole mi diceva: “So che tu ci sei, ci sei sempre stata quando c’era un problema, l’ho sempre saputo.”

Elio ha detto...

Caro Fabio, i tuoi interventi mi piacciono sempre anche quando non li condivido e forse non li condivido quando non li capisco. Troppo modesto? No, cosciente della sopravveniente senescenza!
Ebbene su questo post, IL DESERTO DELL’EDUCAZIONE, che Ambra ha dottamente condiviso, ho una teoria assolutamente non originale.
Da che ho iniziato a leggere, ho sempre trovato testi in latino, o in quelle pochissime lingue che conosco, in cui si rimembrano i tempi della giovinezza in cui tutto era semplice, la gente si amava, tutti erano educati e desiderosi di cultura. E, in pari tempo, si condannava l’era contemporanea in cui avevano il sopravvento l’egoismo, la prepotenza, la cattiva educazione, la non cultura e la bramosia.
Ed allora mi dico: non è questione di oggi! Abbiamo una testimonianza fantastica nel Vangelo ed è una testimonianza validissima (al di là dell’essere credenti o meno). L’uomo è fondamentalmente malvagio e quando interviene l’educazione questa malvagità o per lo meno tutti quei lati negativi che fanno parte del suo essere, vengono contenuti se non corretti. E sono le epoche in cui l’umanità ha compiuto grandi passi non solo nelle scienze ma soprattutto eticamente riscoprendo quei valori che perdono ogni significato nei periodi di abbrutimento.
Ed allora che ci vuole per ritrovare quei fattori indispensabili perché l’uomo ritrovi i lati buoni del suo carattere, della sua struttura mentale?
A mio avviso ci vuole ciò che è avvenuto sempre anche in passato: ci vuole il sangue, il sangue che ci riporti ai valori originali, che ci riporti a quei valori etici che ci faranno desiderare la pace, ci faranno amare la cultura, la musica, ma soprattutto ci faranno amare il prossimo. Almeno per una certa era: poi la bestia che è nell’uomo riprenderà il sopravvento.
E sangue vuol dire: rivoluzione o guerra!

Ambra ha detto...

@Elio: La guerra rovescia i governi (qualche volta) e stravolge la società, ma dubito che sia lo strumento corretto per imparare ad educare i figli. I cambiamenti avvengono anche in modo sottile, qua e là, soprattutto nella società moderna, con movimenti discreti e locali fatti di assembramenti di persone che perseguono uno stesso obiettivo.

silvia ha detto...

Molto interessante sia qluello che ha scritto fabio sia i commenti. Mi piace molto anche la frase di burgess, di lui conosco il romanzo arancia meccanica, da cui Kubrick ha tratto il famosissimo film. Ve lo ricordate?
silvia

GraficWorld ha detto...

Ciao Ambra grazie per il passaggio nel nostro forummino .Felice che trovi i nostri gadget utili. Un saluto Dual.

Ida ha detto...

Sono felice che venga proposto nel nostro blog un argomento toccato spesso nei nostri gruppi “Io parlo…io ascolto”. Certo, la verità assoluta non esiste ma condivido appieno l’affermazione di Fabio “Un figlio che si rendesse conto, e non potrebbe farne a meno, che i genitori fossero incentrati su di lui diverrebbe, e diviene, un piccolo despota capriccioso.” Conosco personalmente diverse coppie nelle quali, dopo la nascita del figlio, la comunicazione si limita a scambi di informazioni sul bimbo, a totale paravento di quello che invece non funziona nella comunicazione a due ed ho ben presenti questi bambini che pretendono dall’esterno lo stesso spazio privilegiato concesso loro in famiglia!
Ambra, anch’io come te "dubito che una guerra sia lo strumento corretto per imparare ad educare i figli" ma come negare la fondatezza dell’affermazione di Elio "ci vuole il sangue, il sangue che ci riporti ai valori originali, che ci riporti a quei valori etici che ci faranno desiderare la pace, ci faranno amare la cultura, la musica, ma soprattutto ci faranno amare il prossimo"? Come negare che dopo una qualunque catastrofe ci si sente più solidali, più vicini agli altri, si condividono valori dimenticati? Non è certo auspicabile una catastrofe al mese per NON dimenticare i buoni propositi, ma se fossimo capaci di non far morire i nuovi sentimenti che nascono dopo un momento di paura collettiva, quale può essere una guerra, non saremmo persone diverse e quindi genitori diversi e quindi genitori legittimi?
Ida

Ambra ha detto...

@Elio
@Ida
Ci penserei un attimo prima di augurarci una guerra di cui stiamo idealizzando gli effetti.
Del resto non è solo la guerra a forgiare la storia modificandone usi e costumi – in meglio o in peggio. Un esempio recente, vicinissimo a noi, ci dice che al momento giusto nascono e si rafforzano dei movimenti collettivi fatti di uomini di buona volontà che interpretano la stanchezza di una società e il superamento dei suoi “credo” spingendo la società stessa in altra direzione. Certamente ci sono dei fattori economici e sociali che premono e in genere nasce un uomo nuovo capace di percepire il cambiamento e di realizzarlo. E’ quello che è accaduto con Gorbaciov e la successiva caduta del muro.
La guerra non porta necessariamente nuovi valori, ma porta sicuramente oltre alla paura collettiva, soprattutto un grande, immenso dolore per tutti.
Troppo piccola per avervi assistito di persona, ma ricordo quello che sentivo raccontare dagli adulti sugli avvenimenti e sul clima generale creatisi subito dopo la seconda guerra mondiale.
Non ho gli strumenti culturali per fare un’analisi storica e nemmeno questa sarebbe la sede giusta, ma ricordo di aver sentito parlare di cose che non potevano che essere i segni di una vendetta stupida e abietta: si rapavano a zero le donne per umiliarle d’ aver accettato l’aiuto del nemico magari anche per i propri bambini. E che vergogna appendere un morto e la sua amante a testa in giù per sbeffeggiarlo e umiliarlo da morto (e che a nessuno venga in mente di pensare che io abbia mai condiviso la visione di un Hitler o di un Mussolini).
Dopo la grande caccia ai nemici, ai traditori o presunti tali, comincia la rinascita, si ricostruisce quanto è stato distrutto e si scatena una forsennata voglia di vivere che si manifesta anche in nuovi balli travolgenti provenienti soprattutto dall’America Latina, mambo, rumba, cha cha cha e via dicendo, ci si libera degli indumenti precedenti, gli uomini tolgono la giacca e la cravatta in più di un’occasione, le donne accorciano i vestiti e mostrano le gambe. Insomma si buttano alle ortiche quelli che erano i segnali esteriori di un modo di pensare e di vivere, più sobrio, più austero, più attento e si perdono i valori precedenti senza che ne giungano di nuovi.
E proprio l’educazione dei figli passa dall’insegnamento del rispetto dei genitori che significa poi rispetto per gli altri ad un lassismo ed un permessivismo in casa, a scuola, per la strada, che vige tuttora.
Succederanno a tutto questo gli anni del benessere che danno origine purtroppo allo spreco e all’eccesso, che non riusciamo più ad arginare e non portano nulla di nuovo rispetto al rapporto genitori/figli.
Quali sono i valori dimenticati che la strage di sangue di quest’ultima grande guerra ha riportato in vita?
Non li trovo, forse non li ricordo più.

Ida ha detto...

Cara Ambra non so a quale post tu abbia risposto ma certamente non al mio. In quale punto del mio commento ho scritto che mi auguro una guerra? Forse mi sono espressa male e mi dispiace se non sono stata capace di scrivere quello che volevo.
Ida

Ambra ha detto...

@Ida
Mi dispiace, evidentemente c'è stato un fraintendimento. La mia è stata una deduzione forse un po' affrettata ma logica. Elio parlava di sangue e diceva chiaramente alla fine del suo commento che per sangue intende rivoluzione o guerra.
Tu hai ripreso le parole di Elio dicendo "Come negare la fondatezza dell'affermazione di Elio" e l'affermazione era "ci vuole sangue ..."
Comunque mi fa piacere che condividi la mia opinione nell'esecrare la guerra.

Fabio ha detto...

ciao a tutti, intanto grazie per i commenti, sono contento che questo che per me è un tema fondamentale del nostro presente e del nostro futuro abbia suscitato un dibattito e delle riflessioni.
Non dimentichiamoci mai di osservare con spirito critico la realtà! E' la consapevolezza ed il desiderio di migliorare le cose il motore fondamentale del progresso.