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domenica 16 febbraio 2014

Una tazza di the con la signora Agnese

courtesy of naama share-alike
Post di Aurora
Mi ricordo il giorno in cui salii le scale di casa sua per la prima volta, rampa dopo rampa, e già al terzo piano mi mancava il fiato. Chissà come ci arrivava lei, al quinto piano, a più di ottant’anni …
Lo capii poco a poco, conoscendola durante i nostri incontri pomeridiani.
Sentii dei passi frettolosi e la Signora Agnese venne ad aprirmi: vidi una donna piccola e magra, molto trascurata, che mi guardò negli occhi con stanchezza e diffidenza.
La salutai con un sorriso porgendole un pacchettino di paste, e fu così che riuscii ad entrare. Davanti alle paste alla crema e ai budini al cioccolato cominciava sempre a sorridere anche lei e a raccontarmi che da bambina era golosa di dolci, anche se in verità lei e i suoi cinque fratelli avevano avuto tanta fame, la fame vera che le famiglie contadine avevano sofferto sul delta del Po negli anni ’20. Fame e povertà avevano accompagnato la signora Agnese anche durante la guerra a Milano, dov’era venuta, ragazza, per imparare il mestiere di sarta. Mi raccontava dei bombardamenti, delle corse nei rifugi in cantina, di come cucisse bene le gonne a pieghe e le camicette di seta e poi di quel bel ragazzo con cui aveva parlato due volte ma che non era più tornato dal fronte.
Ogni volta mi chiedeva che paste le avessi portato perché non ci vedeva più granché, ma “farsi gli occhiali” – come diceva lei – “costa troppo”. E costava troppo pure il dentista, per cui “la dentiera mi balla e la metto solo quando esco e poi mangio caffelatte e stracchino”. Peccato che nel vassoio del pasto che il Comune le mandava ogni giorno ci fossero troppo spesso bocconi di carne e pastasciutta che non riusciva a masticare.
Poi cominciava sempre a ripetermi che da trent’anni, ormai, viveva da sola in quella casa. Da sola perché la sorella con cui era venuta a Milano era morta giovane e lei non aveva mai fatto amicizia con nessun vicino perché “sono tutti ficcanaso e non ci si può fidare di nessuno”. Così la sua paura l’aveva resa totalmente sola.
Stavamo sedute a parlare davanti ad un tavolo rotondo, in una stanza dai muri scrostati, con alcuni fili elettrici volanti. Da una parte c’era un vecchio mobile con una vetrina da cui si vedevano tazzine spaiate piene di polvere, scatoloni per terra da cui spuntavano maglie infeltrite e oggetti sparsi qua e là. Un bicchiere d’acqua, un vecchio carillon con una ballerina sul coperchio, una Madonnina di legno e un acquerello sbiadito con una barca sul mare. Tutto sapeva di stantio. In un angolo c’era pure una specie di piccolo mobiletto-frigo pieno di cibi e scatolame scaduti. Il frigo non funzionava nemmeno più e la signora Agnese non se n’era accorta perché non ci vedeva più bene e la sua vita era immobile da decenni. Immobile come quel piccolo appartamento in cui viveva, in un palazzone popolare, al quinto piano senza ascensore, con una cucina nell’incavo di una parete, un fornello con la bombola del gas e un lavandino di ceramica ingrigita e piena di crepe, con un bagno che conteneva solo il water e un minuscolo lavandino senz’acqua calda.
Lì dentro il tempo si era fermato da anni, come si era fermato nel cuore della signora Agnese. Non sognava neppure più una vita diversa, perché si era dimenticata che potesse esistere. Si era rinchiusa in una solitudine da cui uscivano soltanto ricordi di privazioni, delusioni e, soprattutto, rancori che l’avevano ripiegata su se stessa. Eppure l’avevo vista sorridere bevendo il tè e mangiando le paste alla crema, mentre mi raccontava i sogni che aveva da ragazza e che ora non aveva più.
Col tempo si riuscì a farle accettare un piccolo frigorifero e un televisore procurati in associazione col passaparola, ma non si riuscì mai a farle accettare la proposta di andare a vivere in una residenza per anziani. La signora Agnese continuò a fare i cinque piani di scale a piedi fino al giorno in cui rientrò nella sua casa per l’ultima volta, perché se ne andò nel sonno come mi aveva sempre detto di desiderare. E fui felice che almeno per una volta si fosse realizzato un suo sogno.
Aurora


24 commenti:

Anonimo ha detto...

Quanta sofferenza negli angoli del mondo.

Sandra M. ha detto...

Penso a quale dono siano stati , per lei, questi appuntamenti pomeridiani. E forse non solo per lei.

nanussa ha detto...

ma questa signora per la solitudine e paura era gia' morta da tempo...temo soffrisse per questo.....

una storia molto triste con un finale che fa molto pensare.............


buona giornata a tutti, a presto!

Melinda Santilli ha detto...

Spesso il troppo dolore incrina la vita e allora si sceglie di rifugiarsi in una dimensione dove almeno si cerca di non soffrire.
Una storia molto bella, che parla di vera amicizia.
Un abbraccio

L'angolo di raffaella ha detto...

Chiusa nel suo piccolo mondo... un raggio di sole le ha regalato questi brevi incontri...
La solitudine... la diffidenza... la paura... ha squarciato il velo ed è nata una bella amicizia
Un abbraccio

Luigi ha detto...

credo che farebbe molto bene anche ai giovani impegnarsi ogni tanto in queste visite: l'esperienza insegna che ne traggono beneficio non solo gli anziani ma anche i ragazzi!!!

Gabe ha detto...

incontri più preziosi degli elettrodomestici ricevuti
buon inizio di settimana

il monticiano ha detto...

Sono certo che quelle visite "dolci" la rendevano felice come pure l'avrà resa felice lasciare questa terra mentre dormiva.
Un caro saluto a te Aurora e ad Ambra,
aldo.

Tomaso ha detto...

Cara Ambra , il passaggio tante volte è direi dolcezza!!!
Ciao e scusa se sono un po latitante, spero che vada meglio!!!
Tomaso

ale ha detto...

L'unica consolazione è che dopo una vita di privazioni, almeno se ne sia andata senza ulteriori sofferenze.

Lufantasygioie ha detto...

si chiudono le porte al mondo per svariati problemi o vicissitudini e poi non ci si rende conto che la solitudine è in noi,fa parte di noi indissolubilmente
lu

Cavaliere oscuro del web ha detto...

Un racconto che fa riflettere molto.
Saluti a presto.

Stefano ha detto...

Bellissima e triste storia di tanti anziani soli!
Sono certo che a Milano c'è qualche signora (poche) che ogni settimana va a trovare persone anziane sole. Un abbraccio.

Erika ha detto...

Un bellissimo racconto che ci porta a riflettere.....
Splendido il nuovo header.
Un abbraccio a tutti.

Pino Palumbo ha detto...

"...Lì dentro il tempo si era fermato da anni, come si era fermato nel cuore della signora Agnese..." e come si è fermato un po anche nel mio fino a ché non ho finito di leggere... per poi sobbalzarmi dentro il petto quando ho cominciato a leggere, intuendo già cosa mi aspettava, "... continuò a fare i cinque piani di scale a piedi fino al giorno in cui rientrò nella sua casa per l’ultima volta..." Ecco cosa mi aspettava, l'avverarsi di un sogno, forse l'unico suo sogno che si avvera, scrivi ...in trentanni di solitudine della signora Agnese.

Quante storie simili esistono che non ne conosciamo l'esistenza! ...chissà...

Penso sia stato "gratificante" per te Aurora, aver potuto contribuire a rendere meno cupe alcune ore della sua vita.

Ciao.

Silvia Negretti ha detto...

Rinchiudersi in se stessi e fossilizzarsi sul passato sono cose terribilmente insidiose, sembra che diano sollievo ma portano solo a una vita sola e triste... Purtroppo molte persone anziane si comportano così, la signora Agnese è stata fortunata ad incontrarti! :D
Baci!
S
http://s-fashion-avenue.blogspot.it

nonno enio ha detto...

la solitudine purtroppo oggi è la regola non l'eccezione di questi poveri anziani disperatamente soli.

La lanterna dei sogni ha detto...

Una storia commovente e malinconica. Spesso questa società confina ancora di più alla desolazione e alla solitudine gli anziani. C'è ancora tanto da fare.

Saluti!

olgited ha detto...

un premio x te:http://miscellaneablogspotcom.blogspot.it/

Nella Crosiglia ha detto...

Che tenerezza mia cara e che stretta al cuore...
Molti vivono un esistenza simile, mantenuta da ricordi che sbiadiscono sempre più ...
Anch'io desidereri finire la mia vita come la signora Agnese , cara Aurora..
Sono cose che non dovremmo pensare , ma al contrario dopo una lacerazione enorme io penso invece molto!
Un bacio lieve!

Sciarada ha detto...

Ciao Aurora, che preziosa tazza di the deve esser stata per la signora Agnese quella che ha gustato insieme a te.
Un abbraccio a te, ad Ambra e a tutti i volontari Seneca.

Alberto ha detto...

Toccante questa storia. Raccontata molto bene.

Galatea ha detto...

Ecco... ci siete riusciti a farmi uscire le lacrimuccie ... le piccole cose sono davvero le più importanti

IlCalesse ha detto...

Una storia emozionante, degna di tutta la mia stima.
Una vita nascosta tra le sofferenze e i sacrifici e tu cara Aurora,le hai donato un raggio di sole e un palpito d'amore.
Ciao cara Ambra e un saluto a te Aurora.
Luci@